La fine del Quantitative Tightening e il ritorno delle obbligazioni a lunga scadenza: perché la Fed può riaccendere l’interesse per l’asset class più dimenticata

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Flavio Ferrara - Consulente Finanziario Indipendente

Il punto centrale di questa analisi di Word2Invest nasce dalle dichiarazioni del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, pronunciate il 14 ottobre alla conferenza della National Association for Business Economics di Philadelphia.
Per la prima volta da mesi, Powell ha lasciato intendere che la banca centrale americana si avvicina alla conclusione del “Quantitative Tightening” (QT) — il processo di riduzione del bilancio della Fed — e che ulteriori tagli dei tassi di interesse sono ormai “sul tavolo”.


Fine del QT: un segnale cruciale per il mercato obbligazionario

Il bilancio della Federal Reserve si è gonfiato fino a quasi 9.000 miliardi di dollari durante la pandemia, a seguito degli acquisti massicci di Treasury e titoli garantiti da ipoteca (MBS).
Dal 2022, con la normalizzazione monetaria, la Fed ha iniziato a lasciare scadere i titoli senza reinvestire i proventi, riducendo progressivamente il bilancio a circa 6.000 miliardi di dollari. Questo processo, noto come quantitative tightening, ha contribuito a irrigidire le condizioni finanziarie e a spingere al ribasso i prezzi delle obbligazioni a lunga scadenza, penalizzandole più di ogni altra asset class.

Ora, però, Powell ha segnalato un punto di svolta. Secondo il presidente della Fed, le riserve bancarie sono ormai “abbondanti”, un segnale tecnico che precede spesso la fine del QT. In parallelo, i segnali di rallentamento economico e la debolezza del mercato del lavoro aprono la strada a una seconda fase di taglio dei tassi di interesse, dopo la riduzione di 25 punti base decisa a settembre.


Tassi d’interesse in discesa: implicazioni per i rendimenti e le strategie di portafoglio

Pur senza fornire un calendario preciso, Powell ha ammesso che l’equilibrio tra inflazione e occupazione si sta spostando, lasciando intendere che l’allentamento monetario potrebbe intensificarsi nei prossimi mesi.
La Federal Reserve si trova infatti in una posizione delicata: un ritardo nell’allentamento rischierebbe di generare un danno duraturo al mercato del lavoro, mentre un taglio eccessivo potrebbe ravvivare le pressioni inflazionistiche.

In questo contesto, i bond a lunga scadenza — che sono stati i principali perdenti del ciclo di tightening — potrebbero ora tornare protagonisti. Il mercato sconta almeno due ulteriori tagli dei tassi nel 2025, scenario che renderebbe particolarmente attraenti i titoli con duration elevata.


Perché la duration è tornata a contare

La duration modificata (Modified Duration) è la misura che consente di stimare la variazione del prezzo di un’obbligazione a fronte di un cambiamento dei rendimenti.
La formula semplificata è:
% variazione prezzo ≈ – (Modified Duration × % variazione rendimento)

Più lunga è la duration, più sensibile sarà il titolo ai movimenti dei tassi.
Ad esempio, un bond decennale con duration di 8,5 anni aumenterebbe di circa l’8,5% se il rendimento scendesse di un punto percentuale (ad esempio dal 4,1% al 3,1%).

Sui titoli ultra-long, l’effetto è amplificato:

  • Un bond a 20 anni, con duration di 15 anni, guadagnerebbe circa il 15% in caso di taglio dei rendimenti dell’1%.
  • Un bond a 30 anni, con duration di 19–20 anni, potrebbe salire fino al 20% nello stesso scenario.

Ecco perché i Treasury a lunga scadenza — penalizzati negli ultimi due anni — diventano oggi l’asset class con il potenziale di rivalutazione più alto in uno scenario di easing monetario.


Strategia e contesto macro: la “second life” delle obbligazioni lunghe

Il prolungato sell-off dei bond tra il 2022 e il 2023, causato dal rialzo dei tassi e dal quantitative tightening, ha spinto molti investitori istituzionali a ridurre drasticamente la duration media dei portafogli.
Oggi però il contesto è cambiato:

  • I rendimenti reali sono ai massimi da oltre un decennio.
  • La Fed si prepara a fermare la riduzione del bilancio.
  • Il rischio recessivo torna al centro della narrativa macro.

In tale scenario, la curva dei rendimenti — ancora invertita ma vicina al punto di normalizzazione — potrebbe offrire opportunità tattiche sui Treasury decennali e trentennali, che rappresentano una copertura naturale contro l’eventuale rallentamento economico e un potenziale strumento di capital gain in caso di tagli più profondi del previsto.


Dal “bond crash” al “bond comeback”

Dopo due anni di sottoperformance record, il mercato obbligazionario a lunga scadenza sta entrando in una fase di rivalutazione strutturale.
La fine del quantitative tightening e l’avvio di una nuova fase di taglio dei tassi Fed possono trasformare i Treasury e le obbligazioni sovrane a lunga durata da “vittime” del ciclo restrittivo a protagonisti del nuovo ciclo di investimento.

Per gli investitori pazienti, la duration — finora vista come un rischio — torna a essere un alleato strategico.
Il messaggio di Powell è chiaro: dopo anni di penalizzazione, i bond lunghi potrebbero tornare a rappresentare una componente chiave dell’asset allocation, con un potenziale di rendimento reale significativo in un contesto di politica monetaria in inversione.

Approfondimento

Analisi Secolare del Rapporto S&P 500/Commodities (1913–Oggi): Cicli Diciottennali, Rotazione Macroeconomica e Strategie di Asset Allocation

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Roberto Contini
Roberto Contini
Operante nel settore investimenti da più di 30 anni, socio fondatore della Società Italiana di Analisi Tecnica, affiliata all’IFTA dal 1988, ha ricoperto ruoli da analista tecnico e fondamentale in Italia e all’estero ed è stato per 15 anni Responsabile Investimenti prima e successivamente Responsabile Area Advisory in Banca Intermobiliare d’Investimenti e Gestioni (BIM). Skills : Asset allocation, analisi tecnica e fondamentale, Macro View, stock picking

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