Il secondo e il terzo trimestre del 2025 stanno delineando uno scenario di pressione crescente sul sistema finanziario americano.
I tassi di morosità grave (90+ giorni DPD) sui prestiti auto hanno raggiunto il 5,0%, un livello vicino ai massimi toccati dopo la crisi finanziaria del 2008. Parallelamente, la qualità del credito nel settore immobiliare commerciale (CRE) continua a deteriorarsi, con un tasso di delinquency all’1,57%, massimo degli ultimi dieci anni.
La combinazione di questi due fenomeni — sofferenza del credito al consumo e deterioramento del credito commerciale — sta minando le fondamenta di fiducia delle banche regionali USA, le più esposte a entrambe le aree di rischio. Non sorprende che i rendimenti dei Treasury decennali siano scesi sotto il 4%, segnale di una crescente ricerca di asset rifugio e di un mercato che inizia a prezzare un rischio sistemico latente.
Tassi elevati: il fattore comune che lega credito auto e CRE
Sebbene la Federal Reserve abbia interrotto il ciclo di rialzi nel 2023, i tassi di interesse elevati continuano a esercitare una pressione implacabile su entrambi i lati del bilancio bancario:
- Credito immobiliare commerciale (CRE): i tassi alti rendono insostenibile il rifinanziamento dei prestiti in scadenza, generando default tecnici anche su immobili solidi.
- Credito auto: i costi di finanziamento elevati, uniti all’inflazione, stanno erodendo la liquidità delle famiglie. La crisi è aggravata dal fatto che molti prestiti sono stati concessi durante il boom dei prezzi dei veicoli del 2021–2022, quando i valori erano artificialmente gonfiati.
Il risultato è una doppia vulnerabilità: pressione sui bilanci bancari e deterioramento della capacità di spesa dei consumatori.
Rispetto alle crisi passate, il 2025 si distingue per la simmetria dello shock: non riguarda un singolo settore, ma l’intero spettro del credito, dal commerciale al retail.
Un’economia biforcata: la frattura tra chi regge e chi cede
L’attuale fase economica americana mostra una dinamica “K-shaped”, in cui la crescita aggregata maschera profonde divergenze sociali.
I mutuatari con punteggi di credito elevati (prime borrowers) continuano a sostenere la domanda, ma la morosità è in crescita anche tra i debitori più solidi, segnale che l’aumento dei costi del debito sta filtrando verso il cuore della classe media.
Il credito auto subprime rappresenta l’epicentro di questa fragilità.
Il debito totale del comparto ha raggiunto 1,66 trilioni di dollari, e la morosità del 5% si avvicina ai picchi del 2010.
Secondo la Federal Reserve, la qualità del credito è peggiore di quanto suggeriscano le metriche nominali: la “migrazione positiva” dei punteggi post-pandemia ha temporaneamente nascosto l’aumento del rischio reale.
Banche regionali: l’anello debole della catena
Le banche regionali e comunitarie detengono circa il 70% di tutti i prestiti CRE negli Stati Uniti, una concentrazione che le rende l’epicentro del rischio di rifinanziamento.
Il settore degli uffici commerciali, colpito dal lavoro da remoto e dall’aumento dei costi di finanziamento, è il più vulnerabile: a febbraio 2025 il tasso di special servicing ha toccato il 16,2%, massimo da 25 anni.
Il 2025 rappresenta inoltre la “maturity wall” più imponente dell’ultimo decennio: circa 1 trilione di dollari di prestiti CRE andrà in scadenza entro l’anno.
Con tassi di rifinanziamento insostenibili e valori immobiliari in calo, molte istituzioni minori rischiano di non superare la soglia di liquidità.
Il caso della New York Community Bank (NYCB), il cui titolo è crollato del 52% nel 2024, è stato un campanello d’allarme sulla vulnerabilità sistemica del comparto.
Il rischio di opacità nei bilanci
Nonostante l’aumento delle sofferenze, i tassi di charge-off sui prestiti CRE sono rimasti stabili allo 0,26%, un livello anormalmente basso.
Ciò suggerisce che molte banche stanno rimandando il riconoscimento delle perdite, creando un rischio di opacità contabile.
Se la vigilanza bancaria imponesse la contabilizzazione simultanea di queste minusvalenze latenti, la conseguente erosione di capitale potrebbe innescare un effetto domino di insolvenze e corse agli sportelli, simile a quello visto nel 2023 con il collasso della Silicon Valley Bank.
Il dilemma della Federal Reserve: stagflazione o crisi di credito
La Fed si trova di fronte a un dilemma classico ma acuito:
- Tagliare i tassi per sostenere la liquidità bancaria e i mutuatari significherebbe alimentare l’inflazione, aggravando la perdita di potere d’acquisto.
- Mantenere i tassi alti per contenere i prezzi potrebbe spingere più banche regionali e famiglie verso l’insolvenza.
Con l’inflazione ancora resistente e il mercato del lavoro in rallentamento, la banca centrale rischia di entrare in una fase di stagflazione: crescita debole, prezzi elevati, credito fragile.
Ogni decisione di politica monetaria diventa quindi un atto di bilanciamento precario tra stabilità finanziaria e stabilità dei prezzi.
Rischio sistemico in formazione
Le tensioni nel credito auto e nel settore immobiliare commerciale non sono episodi isolati: rappresentano due manifestazioni dello stesso problema strutturale — un sistema finanziario che fatica ad adattarsi a un mondo di tassi reali positivi.
Finché la Federal Reserve non troverà un equilibrio credibile tra inflazione e credito, le banche regionali USA resteranno il punto di frattura potenziale del sistema, con ripercussioni che potrebbero estendersi ben oltre i confini americani.
