Le nuove previsioni OCSE sulla crescita del PIL USA sono decisamente più caute rispetto alle precedenti. A pesare sulle revisioni ci sono i dazi imposti dall’amministrazione Trump, ma anche l’evoluzione incerta della politica fiscale, l’indebolimento del flusso migratorio e la contrazione della forza lavoro federale.
Il PIL statunitense è ora atteso in crescita dell’1,6% nel 2025, in netto calo rispetto al +2,2% stimato lo scorso marzo. Per il 2026, l’espansione attesa è dell’1,5%. Un taglio che segnala crescenti timori sullo stato dell’economia USA, accentuati da fattori esogeni come le tensioni internazionali e la perdita di attrattività per i visitatori stranieri.
Anche l’economia globale ne risente
Gli Stati Uniti trascinano al ribasso le stime anche per l’economia globale. Secondo l’OCSE, la crescita del PIL mondiale scenderà dal 3,3% nel 2024 al 2,9% nel 2025 e nel 2026, contro il 3,1% e 3% stimati in precedenza.
La frenata è attribuita a una combinazione di:
- aumento delle barriere commerciali,
- condizioni finanziarie più restrittive,
- fiducia in calo tra consumatori e imprese,
- e incertezza politica crescente.
Gli effetti più marcati sono previsti per USA, Canada e Messico, mentre le economie europee e asiatiche subiranno correzioni più contenute.
Pressioni inflazionistiche in aumento: USA sopra la media del G20
La previsione dell’inflazione negli Stati Uniti per il 2025 è stata anch’essa rivista al rialzo: dal 2,8% al 3,2%, con possibilità di un picco vicino al 4% entro fine anno, secondo l’OCSE.
A livello G20, l’inflazione attesa scende invece al 3,6% (dal 3,8% previsto a marzo), segno che l’economia americana potrebbe soffrire più delle altre per l’impatto dei dazi e delle politiche interne.
Ulteriore segnale di allarme viene dal panel dell’Università del Michigan, che indica aspettative d’inflazione a un anno al 6,5%, ben lontane dal target della Federal Reserve.
Turismo in caduta libera: possibile perdita di 0,6–1% del PIL
Una minaccia concreta e meno discussa è rappresentata dal crollo del turismo internazionale verso gli USA. Secondo il World Travel & Tourism Council (WTTC), nel 2025 gli Stati Uniti potrebbero perdere 12,5 miliardi di dollari di spesa da parte dei turisti stranieri, una contrazione del 22,5% rispetto ai livelli pre-crisi.
La spesa turistica estera dovrebbe scendere da 181 miliardi a 169 miliardi, incidendo pesantemente sul settore e sull’economia generale.
Nel 2024 il comparto turismo e viaggi ha rappresentato il 3,5% del PIL USA, contribuendo con:
- 2.600 miliardi di dollari in valore economico,
- oltre 20 milioni di posti di lavoro,
- e più di 585 miliardi di dollari in entrate fiscali.
I dati del Dipartimento del Commercio confermano il calo generalizzato
I numeri ufficiali sugli arrivi internazionali negli Stati Uniti relativi a marzo 2025 segnalano un calo consistente da quasi tutti i principali mercati di origine:
- Regno Unito: –15%
- Germania: –28%
- Corea del Sud: –15%
- Spagna, Colombia, Irlanda, Ecuador, Repubblica Dominicana: –24% a –33%
- Canada: prenotazioni estive in calo di oltre il 20%
Questo crollo non riguarda solo alberghi e ristoranti, ma colpisce comunità locali, piccole imprese e occupazione diffusa in tutto il Paese. Un impatto stimabile tra lo 0,6% e l’1% del PIL, se il trend non si invertirà nel secondo semestre.
Conclusione: tra dazi e calo del turismo, gli USA rischiano una crescita fragile
Il taglio delle previsioni OCSE sulla crescita economica degli Stati Uniti è solo un primo segnale di una tendenza più profonda. Al di là delle tensioni commerciali e dell’inflazione, è l’impatto combinato tra politiche protezionistiche e riduzione del turismo internazionale a delineare uno scenario incerto.
Se la fiducia non tornerà, il rischio è che un settore chiave dell’economia americana venga compromesso a lungo, aggravando l’instabilità macroeconomica in vista delle elezioni presidenziali 2026.
