La svendita di obbligazioni globali sta rapidamente accelerando. Il declassamento del rating creditizio degli Stati Uniti da parte di Moody’s, unito alla proposta di riforma fiscale dell’amministrazione Trump, ha riacceso su scala mondiale le preoccupazioni legate alla sostenibilità del debito pubblico. Eventi come i downgrade sovrani o l’espansione dei disavanzi fiscali portano invariabilmente al centro della scena il rischio di credito, costringendo gli investitori a rivedere le proprie esposizioni obbligazionarie e le strategie di lungo termine.
La situazione resta incerta, poiché Trump non ha ancora ottenuto il sostegno compatto dei repubblicani al Senato per far passare la sua maxi-riforma fiscale, che – secondo le stime – potrebbe aggiungere tra 3.000 e 5.000 miliardi di dollari al già imponente debito federale USA. Ma nel frattempo, il mercato ha già reagito. I futures sui Treasury Bond a 30 anni sono crollati ai minimi storici, mentre il rendimento effettivo dei T-Bond trentennali ha superato la soglia psicologica del 5%, toccando il 5,088%: un livello che non si vedeva da novembre 2023, quando però l’inflazione era ben più elevata.
Oggi, a peggiorare il quadro, c’è un ulteriore elemento destabilizzante: le aspettative di inflazione a un anno restano ancorate al 6,5–7%, complice il nuovo sistema tariffario USA, che fissa dazi minimi al 10% per tutti i partner commerciali, indipendentemente da futuri accordi.
Giappone: la curva si inclina e il riso infiamma l’inflazione
Il Giappone è uno degli epicentri di questa nuova ondata obbligazionaria. Ieri, il rendimento dei JGB a 40 anni ha toccato un nuovo massimo storico al 3,689%, mentre quello dei titoli a 30 anni ha raggiunto il 3,187%. Ancora più preoccupante è l’inclinazione della curva: il decennale è all’1,57%, creando una curva 10–30 anni eccezionalmente ripida.
Dietro questa dinamica ci sono due fattori. Da un lato, le compagnie assicurative giapponesi stanno riducendo gli acquisti dopo aver soddisfatto i requisiti normativi. Dall’altro, i dati macro indicano una recrudescenza inflattiva. L’inflazione core ha superato il 3,4% su base annua, mentre l’indice generale è salito al 3,6%, il livello più alto da gennaio 2023.
Ma è l’aumento dei prezzi del riso a rappresentare una vera spina nel fianco per il governo di Shigeru Ishiba. I prezzi sono raddoppiati nel giro di un anno, raggiungendo i 4.268 yen (circa 29,6 dollari) per un sacco da 5 kg. Un’impennata legata a errori nelle stime della domanda: il governo prevedeva 6,8 milioni di tonnellate, ma la domanda effettiva è stata di 7,05 milioni.
Il tentativo di calmierare i prezzi attraverso il fondo di riserva e la distribuzione delle scorte si è rivelato inefficace. Il boom turistico, i colli di bottiglia nella logistica e le strategie speculative dei grossisti hanno aggravato il problema. Il risultato è un calo drastico della fiducia pubblica: l’ultimo sondaggio Kyodo mostra il governo Ishiba al minimo storico di 27,4% di approvazione, in calo di oltre 5 punti rispetto al mese precedente.
Europa: Bund sotto pressione, ma con fondamentali più solidi
Anche i Bund tedeschi sono finiti sotto pressione, ma il quadro europeo appare meno fragile. Negli ultimi mesi il rendimento dei Bund trentennali è salito di oltre 12 punti base, mentre il decennale ha guadagnato 6 punti base. A influire è stata soprattutto la rimozione del freno al debito tedesco, accompagnata da una decisa accelerazione della spesa pubblica. La Germania, infatti, ha varato un piano di investimenti pubblici per oltre 1.000 miliardi di euro in dieci anni, rompendo con la tradizione dell’austerità.
Questo cambio di paradigma, unito al riarmo continentale, ha riacceso l’attenzione degli investitori sulla crescita dell’Eurozona, ma le aspettative di inflazione restano contenute. Al contrario degli Stati Uniti e del Giappone, l’Europa beneficia di due forze favorevoli: il calo dei prezzi dell’energia e il rafforzamento dell’euro. Il cambio EUR/USD, attualmente attorno a 1,12, è previsto in salita fino a 1,20 nei prossimi mesi. Se a questo si aggiunge un prezzo del petrolio diretto verso i 50 dollari al barile, il rischio inflattivo appare decisamente sotto controllo.
La BCE ha quindi margine per mantenere un atteggiamento accomodante, proseguendo il ciclo di riduzione dei tassi già avviato. Pur non essendo tornato il bene rifugio di un tempo, il Bund offre ora un profilo rischio/rendimento più interessante rispetto ai Treasury americani e ai JGB giapponesi.
Conclusione
La fuga globale dai bond nel 2025 non è solo una reazione tecnica. È la manifestazione concreta di un nuovo regime macro-finanziario, dove inflazione, debito e incertezza fiscale guidano il riposizionamento dei capitali. Negli USA il rischio è fiscale, in Giappone è inflattivo, in Europa è geopolitico ma potenzialmente gestibile.
In un mondo dove anche i porti sicuri traballano, l’unica strategia è la selettività. E la consapevolezza che, oggi più che mai, i mercati obbligazionari non sono più l’ancora di stabilità che erano un tempo.
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