Durante una conferenza stampa tenutasi ieri, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, ha smentito ancora una volta l’esistenza di trattative con gli Stati Uniti per risolvere la guerra commerciale in corso. Questo nonostante il presidente Donald Trump e alcuni membri della sua amministrazione – tra cui il Segretario al Tesoro Scott Bessent – abbiano suggerito l’avvio di negoziati. L’amministrazione Trump continua a sostenere che gli Stati Uniti si trovino in una posizione migliore per prevalere nella disputa commerciale, ma un numero crescente di imprenditori e analisti statunitensi avverte che un embargo commerciale effettivo contro la Cina potrebbe avere conseguenze economiche gravi: aumento dei prezzi, carenze di beni di consumo e possibili chiusure di negozi.
Nel frattempo, la Cina prepara misure per sostenere l’occupazione e stimolare gli esportatori, suggerendo l’imminente arrivo di ulteriori pacchetti di stimolo economico per contrastare l’impatto della guerra dei dazi.
I dati del primo trimestre: Cina batte USA
In attesa della pubblicazione del dato preliminare sul PIL USA prevista per il 30 aprile, il consenso raccolto da FactSet indica una crescita dello 0,8% per il primo trimestre 2025, in forte calo rispetto al 2,4% del quarto trimestre 2024. Il modello GDPNow della Fed di Atlanta, dopo un aggiustamento per dati anomali sulle importazioni d’oro, stima invece una contrazione dello 0,4%. Anche Goldman Sachs prevede una crescita negativa (-0,2%), mentre Bank of America si mantiene su un modesto +0,4%.
All’opposto, la Cina ha registrato una crescita del 5,4% su base annua nel primo trimestre 2025, con un’espansione trimestrale dell’1,2%. Un dato perfettamente in linea con il target ufficiale di circa il 5% annuo fissato da Pechino. Ulteriori dati macroeconomici confermano il trend positivo: la produzione industriale è cresciuta del 7,7% a marzo su base annua, accelerando rispetto al 6,5% dei primi due mesi dell’anno. Anche le vendite al dettaglio sono cresciute (+4,6% nel primo trimestre), sostenute da politiche governative mirate a rafforzare i consumi interni.
In sintesi, mentre gli Stati Uniti rischiano di entrare in recessione già dal primo trimestre, la Cina ha mostrato una resilienza economica superiore, beneficiando di politiche interne volte a stimolare domanda e produzione.
Nuovi stimoli fiscali e monetari all’orizzonte
Per fronteggiare l’inevitabile rallentamento atteso nel secondo trimestre a causa dell’escalation della guerra dei dazi, il governo cinese si prepara a varare nuove misure di stimolo. Dopo il pacchetto di dicembre 2024, finalizzato a rafforzare la spesa dei consumatori, Pechino ha annunciato che ulteriori misure fiscali e monetarie saranno approvate a breve, in seguito alla riunione del Politburo prevista per il 24 aprile.
Il vice direttore della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Riforma, Zhao Chenxin, ha confermato che la Cina punta a mantenere il target di crescita del 5% annuo, adottando stimoli incrementali. Tra le iniziative in arrivo figurano nuove politiche per incentivare i consumi e l’istituzione di un fondo di Stato per lo sviluppo tecnologico, entrambi previsti entro la fine di giugno.
Il governo cinese resta fiducioso sulla possibilità di raggiungere i propri obiettivi, adottando una strategia di interventi mirati e progressivi, adattabili all’evoluzione delle condizioni macroeconomiche globali.
Previsioni riviste al ribasso, ma il gap con gli USA resta ampio
Nonostante gli sforzi cinesi, anche gli organismi internazionali riconoscono che le tensioni commerciali avranno un impatto sull’economia del Dragone. Il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente abbassato le sue stime di crescita della Cina per il 2025 dal 4,6% al 4%, citando le elevate incertezze politiche e commerciali. Goldman Sachs ha tagliato la previsione dal 4,5% al 4,0%, mentre Natixis ha rivisto il dato al 4,2% dal 4,7% precedente.
Tuttavia, la differenza sostanziale rispetto agli Stati Uniti è evidente: la Cina, pur rallentando, mantiene margini di manovra fiscali e monetari per compensare l’impatto negativo dei dazi, mentre gli Stati Uniti rischiano seriamente una recessione tecnica già dal primo semestre dell’anno.
In conclusione, il confronto economico tra Stati Uniti e Cina, in questa fase iniziale della guerra commerciale, vede una Cina più solida, più reattiva e pronta a sostenere la propria crescita, mentre Washington appare più vulnerabile ai danni autoindotti dalla strategia protezionistica di Trump.