Il mercato petrolifero ha visto un cambio di prospettive radicale negli ultimi mesi, passando da previsioni rialziste che parlavano di $120 al barile a ipotesi più recenti di un possibile crollo a $40 nel 2025.
Secondo alcuni osservatori, i prezzi del greggio potrebbero subire una drastica riduzione nel caso in cui l’OPEC+ decidesse di annullare i tagli alla produzione attualmente in vigore. Se l’OPEC si sciogliesse e non mantenesse alcun tipo di accordo per limitare la produzione, il prezzo potrebbe addirittura precipitare fino a $30 al barile.
Attualmente, il Brent si scambia intorno ai $72 al barile, mentre il WTI è sui $68, entrambi vicini a supporti chiave degli ultimi due anni.
Perché i prezzi del petrolio potrebbero scendere così tanto?
Con una crescita della domanda di petrolio stimata a meno di 1 milione di barili al giorno per l’anno prossimo, un completo smantellamento dei tagli produttivi dell’OPEC+ nel 2025 potrebbe innescare un calo drastico dei prezzi. Fino ad oggi, il cartello petrolifero ha mostrato disciplina nel mantenere i suoi tagli volontari, che sono stati estesi diverse volte.
Tuttavia, la domanda globale è stata debole a causa di una ripresa economica più lenta dalla Cina, la seconda economia mondiale e maggiore importatore di greggio. Inoltre, c’è un eccesso di offerta percepito sul mercato, aggravato dall’intenzione di altri produttori come USA e Brasile di incrementare la propria offerta.
A contribuire a una prospettiva ribassista ci sono le potenziali politiche commerciali del neoeletto presidente USA Donald Trump, il cui ritorno alla Casa Bianca potrebbe innescare una guerra commerciale con la Cina, raffreddando ulteriormente la domanda.
Erano giustificati i timori di un forte rialzo a ottobre?
A inizio ottobre, il petrolio USA aveva registrato la sua settimana migliore degli ultimi due anni, grazie a preoccupazioni per possibili attacchi contro infrastrutture petrolifere iraniane. Tuttavia, il rally si è dimostrato temporaneo.
Nel nostro articolo del 7 ottobre, avevamo già segnalato che la curva dei futures sul petrolio si trovava in backwardation, indicando aspettative di un eccesso di offerta per il 2025. Gli investitori avevano adottato strategie ribassiste, attendendosi un rallentamento economico della Cina che avrebbe ridotto la domanda di greggio.
Cosa rivela l’analisi tecnica?
Utilizziamo il prezzo del Brent come benchmark per evitare la volatilità del WTI, soggetto alle oscillazioni mensili delle scadenze del Nymex. Attualmente, i livelli di $72 per il Brent e $68 per il WTI rappresentano supporti cruciali. La tendenza dei prezzi di medio termine rimane ribassista, come evidenziato anche a inizio ottobre, quando alcuni analisti avanzavano previsioni rialziste estreme.
Tuttavia, questi supporti corrispondono al punto di equilibrio post-COVID, e solo una recessione alimentata da una guerra commerciale sui dazi potrebbe infrangerli. La crescita cinese, già debole, è già scontata nei prezzi, e la “pax Trumpiana” nelle tensioni con Russia e Medio Oriente è ancora incerta.
Senza significativi cambiamenti, il petrolio potrebbe stabilizzarsi sopra i supporti attuali, oscillando in un trading range più ristretto rispetto ai 25 punti percentuali del 2024. Gli indicatori tecnici come l’RSI a 21 settimane sono neutrali, e indicazioni rialziste più forti arriverebbero solo con una rottura dell’RSI sopra il livello 50.
Siamo quindi in una fase di attesa, e prendere posizioni speculative in questo contesto risulta rischioso data l’incertezza geopolitica e commerciale.
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