Il contesto economico tedesco: una crisi imminente
La Germania, motore principale dell’economia europea e terza economia mondiale, rappresenta il 30% del PIL dell’Eurozona. Tuttavia, il paese ha evitato una recessione formale nel terzo trimestre solo per una questione statistica. Gli ultimi dati economici mostrano un peggioramento, trainato dalla crisi strutturale del settore automobilistico. Le prospettive per il 2025 si fanno sempre più fosche, con rischi legati a guerre commerciali con Stati Uniti e Cina, tensioni geopolitiche in Ucraina, prezzi energetici in aumento e l’incertezza delle elezioni tedesche di febbraio.
Secondo la Bundesbank, il settore industriale tedesco ha registrato un calo degli utili aggregati quasi ogni trimestre negli ultimi due anni. Questo potrebbe portare a un aumento significativo delle insolvenze aziendali nel 2025. Il settore ha resistito grazie a prestiti a tasso fisso stipulati prima dello shock dei tassi di interesse del 2022, con un costo medio del 2,6%. Tuttavia, il 10% dei prestiti in essere dovrà essere rifinanziato entro la fine del 2025 con tassi che potrebbero superare il 4%, comprimendo ulteriormente i margini di profitto aziendali.
Le sfide globali: guerra commerciale e tensioni geopolitiche
Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, ha annunciato un piano per aumentare i dazi entro marzo 2025. Le tariffe universali statunitensi, unite a barriere più severe contro la Cina, rappresentano una minaccia significativa per l’economia tedesca, che dipende fortemente dalle esportazioni. Il settore automobilistico, già colpito dalla competizione cinese, rischia ulteriori contraccolpi.
Philip Lane, economista capo della BCE, ha avvertito che una maggiore frammentazione commerciale potrebbe causare gravi danni economici globali, amplificati per la Germania dai potenziali dazi statunitensi, dalla debole domanda cinese e dalle dispute commerciali tra UE e Cina.
Segnali di deterioramento economico
Gli ultimi dati PMI (Purchasing Managers’ Index) indicano un peggioramento:
- PMI servizi: sceso a 49,4 a novembre, dai 51,6 di ottobre, segnalando una contrazione.
- PMI manifatturiero: stabile a 43,2, ben al di sotto della soglia di crescita di 50.
- PMI composito: in calo a 47,3, ai minimi da nove mesi.
L’incremento dei dazi statunitensi potrebbe ridurre la crescita dell’Eurozona di mezzo punto percentuale nel 2025. La BCE dovrà rispondere rapidamente, con ulteriori tagli ai tassi d’interesse, portandoli al 2% nel breve termine e all’1,5% entro la fine dell’anno prossimo.
Politica monetaria della BCE: un percorso graduale
Dopo il ciclo di rialzi più aggressivo della sua storia, con 450 punti base di aumento tra luglio 2022 e settembre 2023, la BCE ha iniziato un percorso di riduzione graduale dei tassi. Tuttavia, l’impatto della politica monetaria si trasmette lentamente:
- Prestiti alle imprese: rimangono deboli.
- Prestiti alle famiglie: mostrano segnali di miglioramento, ma partendo da livelli bassi.
I mercati si aspettano ulteriori ribassi dei tassi verso un livello neutrale, ma la trasmissione agli interessi sui prestiti richiederà tempo.
Il settore bancario: sottovalutazione del rischio
Nonostante i segnali di rischio crescente, l’indice europeo del settore bancario continua a registrare rialzi, ignorando le preoccupazioni economiche. Le banche italiane, in particolare, hanno mostrato performance negative la scorsa settimana, ma il settore rimane focalizzato su buyback e dividendi, anziché aumentare gli accantonamenti per far fronte alle potenziali insolvenze.
Secondo un recente rapporto, le banche americane sono meglio capitalizzate rispetto a quelle europee, suggerendo una maggiore resilienza in caso di crisi. L’approccio delle banche europee, tuttavia, potrebbe esporre il settore a ulteriori vulnerabilità nel 2025.
Conclusione: prudenza sugli investimenti bancari
Alla luce delle crescenti tensioni economiche e dei rischi sistemici, gli investitori dovrebbero adottare un approccio prudente verso il settore bancario europeo. L’aumento dei rischi di insolvenze, unito a un contesto macroeconomico sfidante, rende necessaria una maggiore cautela, con una possibile revisione delle strategie di investimento nel comparto finanziario.
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