L’Indice dei Prezzi al Consumo (CPI) è aumentato dello 0,2% destagionalizzato per il mese, portando il tasso di inflazione annuale al 2,4%. Entrambi i dati erano 0,1 punti percentuali più alti delle previsioni. Escludendo cibo ed energia, i prezzi core sono aumentati dello 0,3% nel mese, portando il tasso annuale al 3,3%.

L’aumento dell’inflazione è stato in gran parte dovuto a un balzo dello 0,4% nei prezzi dei prodotti alimentari e a un incremento dello 0,2% nei costi degli alloggi, come riportato dal Bureau of Labor Statistics. Questo ha compensato una diminuzione dell’1,9% nei prezzi dell’energia. Altri fattori che hanno contribuito all’aumento includono una crescita dello 0,3% nei costi dei veicoli usati, dello 0,2% nei veicoli nuovi, dello 0,7% nei servizi di assistenza medica e dell’1,1% nei prezzi dell’abbigliamento.
I prezzi delle uova sono balzati dell’8,4%, con un aumento del 39,6% su base annua, mentre il burro ha registrato un rialzo del 2,8% nel mese e del 7,8% rispetto all’anno precedente.
Nonostante questi incrementi, i costi per l’alloggio, che rappresentano oltre un terzo della ponderazione totale nel calcolo dell’indice CPI, sono cresciuti del 4,9% anno su anno, un segnale che potrebbe indicare un allentamento delle pressioni sui prezzi in arrivo. Anche se il CPI non è l’indicatore ufficiale dell’inflazione della Fed, viene comunque considerato insieme ad altri indicatori chiave, come il PCE e il deflatore del PIL.
Nonostante i dati sull’inflazione fossero superiori alle previsioni, i trader nei mercati dei futures hanno aumentato le scommesse su un possibile taglio dei tassi da parte della Fed alla riunione del 6-7 novembre, con una probabilità stimata dell’86%, secondo l’indicatore FedWatch del CME Group.
Va ricordato che la Fed ha un doppio mandato: mantenere bassi livelli di inflazione e sostenere la crescita economica. Dopo il discorso del presidente Powell a Jackson Hole, la banca centrale sembra essere più concentrata sul sostenere il mercato del lavoro e accettare un’inflazione che oscilla tra il 2% e il 3%, piuttosto che riportarla sotto il 2%.
Segnali contrastanti di indebolimento del mercato del lavoro
Negli ultimi giorni, i membri del Federal Open Market Committee (FOMC) hanno espresso preoccupazioni crescenti sul mercato del lavoro. Il dato sui Jobless Claims pubblicato ieri ha confermato questo punto di vista. Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono aumentate inaspettatamente, raggiungendo un valore destagionalizzato di 258.000 per la settimana conclusasi il 5 ottobre.
Questo rappresenta il totale più alto dal 5 agosto 2023 e un incremento di 33.000 rispetto alla settimana precedente, ben al di sopra delle previsioni di 230.000. Le richieste in corso, con una settimana di ritardo, sono salite a 1,861 milioni, un aumento di 42.000 unità.
È importante considerare che le cifre delle richieste di disoccupazione potrebbero essere state influenzate dai danni provocati dall’uragano Helene, che ha colpito la Florida e la Carolina del Nord il 26 settembre. Questi stati hanno registrato un aumento combinato di oltre 12.000 richieste di sussidi.
Inoltre, uno sciopero di 33.000 lavoratori della Boeing potrebbe aver contribuito al dato. Tuttavia, solitamente dopo un uragano si osserva una temporanea ripresa del mercato del lavoro grazie ai lavori di ricostruzione, i cui effetti potrebbero emergere nei Non-Farm Payrolls di novembre.
Se il mercato dovesse percepire un ulteriore indebolimento del mercato del lavoro nei prossimi mesi, potrebbero verificarsi prese di beneficio sul mercato azionario, che ha registrato un costante aumento dal 5 agosto.