Lo stop alle auto a combustione termica potrebbe essere uno dei primi cambiamenti dei rinnovati assetti dell’Unione Europea, dopo il voto di questo weekend. Il divieto è concepito all’interno del pacchetto Fit for 55, che mira a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030. Un tema caldo del dibattito politico sarà il declino industriale interno all’UE e l’eccessiva dipendenza dalla Cina per quanto riguarda l’intera catena di fornitura sull’auto elettrica. Politicamente, sono molte le voci contrarie al divieto che scatterà nel 2035.
Dopo la recente conclusione del G7 Ambiente e Clima a Torino, dove erano presenti rappresentanti di Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti, il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha criticato il divieto di produzione di auto a combustione termica a partire dal 2035. Il Green Deal europeo, nato nel dicembre 2019, è ora sotto esame, dato il cambiamento del contesto globale.
Il Contesto Globale è Cambiato
La pandemia da Covid-19, la ripresa dell’inflazione, l’invasione dell’Ucraina, la crisi energetica, la strage del 7 ottobre in Israele e la guerra a Gaza hanno precipitato il mondo in un’incertezza da Guerra Fredda. Il sogno della globalizzazione sembra archiviato, e l’Occidente rischia una fase di declino mentre il baricentro si sposta verso l’Asia. Le materie prime, un tempo facilmente accessibili, sono ora un problema strategico: il petrolio non è più centrale, il gas russo è inutilizzabile, e le nuove vetture necessitano di biocarburanti, litio e cobalto, provenienti principalmente da Cina e Africa.
Il Punto di Vista dell’Industria
Molte voci critiche si alzano contro il divieto di vendere auto con motore a combustione a partire dal 2035. Oliver Zipse, CEO della casa automobilistica tedesca BMW, ha criticato aspramente la politica industriale tedesca e il divieto dell’Unione Europea di produrre nuove auto a benzina e diesel. Zipse sostiene che mancano materie prime come litio, cobalto e terre rare per la produzione di massa di auto elettriche, rendendo l’Europa dipendente dalle importazioni e suscettibile di ricatti politici. Inoltre, secondo Zipse, nel 2035 non ci sarà un’infrastruttura completa per le auto elettriche in Europa, e questo potrebbe diventare un problema sociale. Attualmente, il 70% dei punti di ricarica è concentrato in Francia, Germania e Olanda.
La Posizione della Corte dei Conti Europea
In questo dibattito è intervenuta anche la Corte dei conti europea, che ha definito quella dell’azzeramento delle emissioni dei trasporti una strada tortuosa. Il 22 aprile di quest’anno, la Corte ha dichiarato che l’Unione Europea ha messo i veicoli elettrici a batteria al centro della propria ambiziosa politica per un parco auto a emissioni zero, ma è necessario conciliare il Green Deal con la sovranità industriale e l’accessibilità economica per i consumatori.
Occorre agire con urgenza per far sì che l’industria europea possa produrre auto elettriche su vasta scala a prezzi competitivi, garantendo al tempo stesso la sicurezza dell’approvvigionamento di materie prime e potenziando le infrastrutture di ricarica in tutto il continente. La Corte dei conti europea evidenzia che meno del 10% della produzione mondiale di batterie è localizzata in Europa e per la stragrande maggioranza è in mano a imprese non europee. A livello mondiale, la Cina rappresenta un impressionante 76% del totale.
Le Sfide per l’Industria delle Batterie in Europa
L’industria delle batterie dell’UE è frenata dall’eccessiva dipendenza dalle importazioni di risorse da paesi terzi, con i quali non sono stati sottoscritti adeguati accordi commerciali. L’87% delle importazioni di litio grezzo proviene dall’Australia, l’80% delle importazioni di manganese dal Sud Africa e dal Gabon, il 68% del cobalto dalla Repubblica Democratica del Congo e il 40% della grafite dalla Cina. Il costo delle batterie in Europa è troppo alto rispetto ai produttori esteri, rendendo i veicoli elettrici proibitivi per gran parte della popolazione. Inoltre, i punti di ricarica sono troppo pochi e troppo distanti. La Corte dei conti europea afferma che, se la capacità e la competitività dell’UE non aumenteranno significativamente, la rivoluzione delle auto elettriche in Europa rischia di basarsi sulle importazioni, danneggiando l’industria automobilistica europea e i suoi oltre tre milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero.
Cambiamenti nel Quadro Politico del Parlamento Europeo
I partiti verdi, secondo i risultati preliminari, avrebbero ottenuto 52 seggi nel Parlamento Europeo, una cifra significativamente inferiore ai 71 seggi ottenuti cinque anni fa. Ciò avviene nel mezzo di un più ampio spostamento a destra e di una reazione contro le politiche progettate per affrontare la crisi climatica e proteggere l’ambiente. Il gruppo di estrema destra Identità e Democrazia ha ottenuto notevoli guadagni in tutta l’Unione Europea, mentre i Conservatori e Riformisti europei di destra hanno registrato un leggero aumento di voti.
In Germania, dove i Verdi governano come parte di una coalizione insieme ai socialdemocratici di centrosinistra e ai liberi democratici filo-imprenditoriali, il sostegno ai Verdi è quasi dimezzato rispetto al 2019. Il sostegno ai Verdi è diminuito anche in Austria e Francia, dove l’estrema destra ha ottenuto un forte successo e ha spinto il presidente francese Emmanuel Macron a indire elezioni anticipate. In tutto il continente, negli ultimi mesi gli agricoltori frustrati sono scesi in piazza per spingere per ulteriori esenzioni dalle normative ambientali dell’Unione Europea. Anche i partiti nazionalisti e di estrema destra, tradizionalmente scettici sulle questioni climatiche, sono stati critici delle politiche verdi.
Pedro Marques, vicepresidente del gruppo Socialista e Democratico, ha affermato che portare avanti le politiche climatiche sarà probabilmente una sfida, dato il sostegno dell’estrema destra. Secondo Marques, il Green Deal non può tornare indietro, ma ci dovrà essere maggiore cura verso l’economia, le piccole imprese e i cittadini, in modo che non vengano danneggiati dalla transizione verso la Green Economy.
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