Le prospettive dell’inflazione sono molto importanti per determinare la politica della Fed e il corso dell’economia.
La SuperCore inflation, cioè l’inflazione che non tiene conto dei prezzi dell’energia, alimentazione e abitazione, è il dato più confortante, per cui la FED potrebbe convincersi a dare inizio al mitico Pivot, di cui ormai si parla da tanto tempo da sembrare una leggenda metropolitana.
L’IPC SuperCore che esclude anche i prezzi delle abitazioni e degli affitti è arrivato a marzo 2024 al 2,3% a/a (contro il 3,5% del core CPI che comprende anche i prezzi delle abitazioni e degli affitti).
L’inflazione derivante dai prezzi delle abitazioni e degli affitti continua a seguire un trend di discendente lento ma costante e a marzo è scesa al 5,7% a/a rispetto all’8,3% di un anno fa, un livello però ancora troppo alto per la FED.
Beni IPC e prezzi delle importazioni: a contribuire invece a moderare l’inflazione dei beni IPC sono i prezzi contenuti delle importazioni, che sono aumentati solo dello 0,4% a/a a marzo e sono diminuiti dello 0,2% escludendo il petrolio, grazie anche al fatto che l’indice dei prezzi per le importazioni statunitensi dalla Cina è sceso del 2,6% a/a nel mese di marzo, esercitando pressioni al ribasso sull’inflazione dei beni core statunitensi CPI (-0,6%) e sulla domanda finale dei beni core statunitensi PPI (1,4 %).
Un elemento negativo per contro rimane il tasso di inflazione atteso su un orizzonte di un anno si è aggirato intorno al 3,0%, secondo l’indagine utilizzata per compilare il Consumer Sentiment Index.
Questo valore è ancora al di sopra dell’obiettivo della Fed del 2,0% per l’inflazione effettiva; ma tenete presente che negli anni precedenti la pandemia questa serie oscillava per lo più tra il 2,5% e il 3,0%.
Ancora più negativo il fatto che il tasso di inflazione atteso a 5 anni non sia assolutamente sceso, malgrado la discesa dell’IPC, e questo influisce sul rendimento del Treasury Note 10yr, perché rappresenta l’inflazione attesa per l’emivita di un titolo del tesoro a scadenza 10 anni.
Un altro elemento che guarda la FED è l’Inflazione salariale: il Wage Growth Tracker della Fed di Atlanta è uno degli indicatori di inflazione salariale attentamente monitorati dai funzionari della Fed ed è stato pubblicato la scorsa settimana il dato relativo al mese di marzo, in cui l’inflazione salariale è scesa al 4,7% a/a, il valore più basso da novembre 2021.
Un’altra misura dei salari più ampiamente seguita è la retribuzione oraria media. Nel mese di marzo è aumentato del 4,2% a/a, il tasso più basso da giugno 2021.
Il presidente della Fed Jerome Powell ha spesso affermato che gli piacerebbe vedere queste misure di inflazione salariale più vicine al 3,0% una volta che l’inflazione dei prezzi al consumo scenderà al 2,0% della Fed.
L’inflazione del costo del lavoro per unità di prodotto è stata del 2,2% . perché l’incremento della produttività del 2,6% ha contribuito a compensare un aumento del 5,1% della retribuzione oraria.
Tra IPC e PCED c’è una differenza costante negli anni
Il tasso di inflazione IPC tende ad essere più elevato del tasso di inflazione PCED.
Negli ultimi 12 mesi fino a febbraio, lo spread tra i due è stato dello 0,7% per i tassi di inflazione primaria (3,2% contro 2,5%) e dell’1,0% per quella core (3,8% contro 2,8%).
Lo spread medio dal 1960 è stato dello 0,7% per il CPI completo e dello 0,5% per il core.
Bisogna tenere presente che il costo dell’affitto degli alloggi ha un peso del 36% nel CPI e del 15% nel PCED.
L’inflazione degli affitti tende a superare sia il CPI che il PCED escludendo i tassi di inflazione degli affitti. Lo stesso vale per l’inflazione dei servizi medici misurata nel CPI che ha uno spread medio nel tempo dal 1960 dello 0,7%.
Rispetto a quella misurata nel PCED.
Non c’è molto che la Fed possa fare riguardo all’attuale serie di voci inflazionistiche come l’affitto, l’assicurazione sanitaria e i costi legati alle automobili, che rimangono i fattori che stanno rallentando la discesa l’inflazione.
I rischi geopolitici sono un’altra componente ritarda il Pivot della FED
Al di là dell’analisi puntuale dei che abbiamo cercato fare per capire le dinamiche dell’inflazione, è evidente che la FED stia monitorando anche i rischi geopolitici.
Il rischio più grande sul fronte dell’inflazione è che la guerra in Medio Oriente continui a intensificarsi, facendo salire i prezzi del petrolio a 120 dollari al barile, come accadde quando la Russia invase l’Ucraina all’inizio del 2022.
Ciò ricorderebbe molto gli anni ’70, quando due paesi energetici.
Le crisi hanno alimentato una spirale salari-prezzi-affitti durata decenni e per questo la FED rimane cauta e aspetta segnali ulteriori prima di mettere in atto il tanto atteso pivot di politica monetaria.
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