Energia ed economia globale: un rallentamento nella corsa alle emissioni Net Zero

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Flavio Ferrara - Consulente Finanziario Indipendente

Negli ultimi mesi, mentre non si fa altro che parlare di Green Economy e Climate Change a livello dei media, stiamo lentamente assistendo a un cambiamento che sarà necessario per evitare che l’economia globale entri in una forte recessione negli anni a venire.

Il primo passo è in atto, la “pausa” nella rivoluzione dei veicoli elettrici, che ha il potenziale per far risparmiare miliardi.

Volkswagen, Stellantis e altri colossi del settore automobilistico stanno cominciando a rallentare la produzione di veicoli elettrici perché senza incentivi la penetrazione sul mercato è troppo lenta.

I veicoli elettrici sono stati il primo passo e l’utilizzo di combustibili fossili sarà il prossimo. Gli obiettivi “Net Zero” sono sconnessi dalla realtà, perché i grandi consumatori di energia fossile sono i Paesi in via di sviluppo che non hanno alcuna intenzione di rallentare la loro crescita rinunciando ai combustibili fossili.

Partendo da questa consapevolezza, anche i Paesi Occidentali dovranno prendere una decisione per far risparmiare trilioni alle economie globali, dal momento che la transizione energetica semplicemente non è tecnologicamente pronta per avanzare.

Politiche divergenti: il Net zero si allontana

Il Regno Unito si è fatto avanti e si è reso conto la sicurezza e l’indipendenza energetica rimangono una priorità superiore rispetto ai progetti di transizione.

Lo scorso settembre la Gran Bretagna ha dato il via libera ad un importante progetto di petrolio e gas nel Mare del Nord.

Il giacimento di Rosebank è il più grande giacimento non sviluppato del Regno Unito e si trova nel Mare del Nord.

Il ragionamento del governo britannico alla base della decisione è stato quello di dare priorità alla sicurezza energetica.

Il governo britannico ha rilasciato centinaia di nuove licenze per l’esplorazione di petrolio e gas naturale nel Mare del Nord.

La maggior parte di questa somma andrà alle aziende britanniche per sostenere l’economia con un ritorno sugli investimenti identificato.

Gli Stati Uniti invece continuano sulla strada della transizione verso il Net zero e annunciano i piani per eliminare gradualmente le centrali a carbone, senza però specificare il modo in cui la produzione di energia (il 20% dell’elettricità statunitense) verrà sostituita in modo affidabile.

Il problema è che a livello globale l’effettivo stato delle cose è ben diverso dagli obiettivi della transizione energetica.

La Cina sta spendendo in modo sfrenato per le centrali a carbone per mantenere i suoi piani di sviluppo economico e anche l’India ha aumentato la domanda di energia e sta includendo le centrali a carbone nei suoi piani per soddisfare tale domanda.

L’Europa e gli USA puntano al Net Zero e la Cina va al contrario ad incrementare le emissioni

Questa mappa è stata pubblicata dal Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), che è un’organizzazione di ricerca che ha la propria sede in Finlandia e che è indipendente dalle istituzioni governative.

La Cina sta accelerando la costruzione di nuove centrali elettriche a carbone.

Complessivamente, la Cina ha una potenza di generazione elettrica di 243 GW derivante da impianti a carbone, considerando sia quelli autorizzati, che quelli in fase di realizzazione.

La potenza totale potrebbe arrivare a 392 GW, considerando i progetti già annunciati.

Nei prossimi anni la potenza di generazione derivante da centrali a carbone potrebbe crescere del 23% entro il 2027 (e del 33% entro il 2029, se i progetti non ancora autorizzati avranno luce verde.

In sostanza, la capacità totale delle centrali potrebbe raggiungere un massimo di circa 1.450 GW nei prossimi 5-6 anni.

Ciò può avere due conseguenze: un incremento massiccio della generazione elettrica a carbone e delle relative emissioni di CO2. Senza il contributo di Cina e India il Net zero si riduce ad uno slogan politico.

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Roberto Contini
Roberto Contini
Operante nel settore investimenti da più di 30 anni, socio fondatore della Società Italiana di Analisi Tecnica, affiliata all’IFTA dal 1988, ha ricoperto ruoli da analista tecnico e fondamentale in Italia e all’estero ed è stato per 15 anni Responsabile Investimenti prima e successivamente Responsabile Area Advisory in Banca Intermobiliare d’Investimenti e Gestioni (BIM). Skills : Asset allocation, analisi tecnica e fondamentale, Macro View, stock picking

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