Inflazione USA: guerra della FED contro l’inflazione sta per finire?

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Flavio Ferrara - Consulente Finanziario Indipendente

L’indice dei prezzi al consumo, o IPC, è rimasto invariato nel mese di ottobre, risultando migliore delle aspettative di un aumento dello 0,1%, con un conseguente tasso anno su anno sceso dal 3,7% al 3,2%.

Il temporaneo rimbalzo dei prezzi dell’energia, alimentato dall’impennata del petrolio di fine estate, ha invertito la rotta, consentendo la ripresa della tendenza disinflazionistica.

In effetti, secondo l’ultimo rapporto dell’EIA, i prezzi al dettaglio della benzina sono ora in calo del 7,2% rispetto allo scorso anno.

Il numero più importante è il tasso di base, esclusi alimentari ed energia, che è aumentato dello 0,2% e al di sotto delle aspettative per un aumento dello 0,3%, con un conseguente tasso su base annua del 4,0%.

La tendenza disinflazionistica rimane intatta, con l’IPC core sceso ai minimi di due anni.

Secondo l’ultimo sondaggio condotto dalla Fed di New York tra i consumatori, le aspettative sui prezzi per l’anno a venire sono scese dal 3,7% al 3,6%.

Questo è un altro passo nella giusta direzione per i funzionari della Fed, che vogliono essere sicuri che le aspettative rimangano ancorate.

La tendenza della Core Inflation non punta ancora la target del 2% chiesto dalla FED

Per quanto riguarda l’inflazione core, l’annualizzazione dei recenti rapporti sull’inflazione mostra che il livello minimo è leggermente sceso, ma rimane al di sopra del 2%.

In sostanza, non una singola lettura mensile dell’inflazione core o una combinazione di letture mensili negli ultimi dodici mesi ha indicato un’inflazione del 2%.

Per arrivare all’inflazione core del 2% nei prossimi sei mesi, avremmo bisogno di almeno due rapporti mensili sull’inflazione core pari o inferiore allo 0%.

Negli ultimi mesi abbiamo esaminato la viscosità dell’inflazione core relativa al settore immobiliare, degli affitti e dei servizi.

Queste aree continuano a rallentare su base annua, ma indicano ancora un’inflazione più elevata rispetto all’era pre-pandemia.

I servizi, che rappresentano una componente importante dell’inflazione, rimangono elevati al 5,5% e dovrebbero diminuire sensibilmente nei prossimi quattro mesi a causa delle tendenze mese su mese, ma anche al 4,5% su base annua (che è la lettura annualizzata dell’inflazione) negli ultimi sei mesi, tale livello è ancora notevolmente più elevato rispetto a prima della pandemia (dal 2,7% al 3%).

La Housing Inflation rimane uno dei fattori chiave per valutare la tendenza della Core Inflation

Anche l’inflazione degli immobili residenziali e degli affitti, che prima della pandemia era rispettivamente inferiore al 3% e al 4%, tenderà al di sopra di tali livelli nel prossimo futuro.

Gli attuali canoni di affitto indicano che i costi degli alloggi, aumentati del 6,7%, solo se dovessero crollare nei prossimi 6-9 mesi la c.d. housing inflation scenderebbe al 3% su base annua durante la prima metà del prossimo anno, sottraendo fino all’1,7% dall’attuale tasso core dell’Indice dei Prezzi al Consumo.

Solo un calo simile porterebbe la Core Inflation molto vicino all’obiettivo della Fed del 2%.

In realtà però, se si prendono gli ultimi rapporti semestrali sull’inflazione e li si annualizza, il trend degli alloggi è del 4% e quello degli affitti del 6%.

Insomma c’è uno squarcio di serene nel cielo tempestoso, ma la perturbazione (inflazione) potrebbe non essere ancora terminata.

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Roberto Contini
Roberto Contini
Operante nel settore investimenti da più di 30 anni, socio fondatore della Società Italiana di Analisi Tecnica, affiliata all’IFTA dal 1988, ha ricoperto ruoli da analista tecnico e fondamentale in Italia e all’estero ed è stato per 15 anni Responsabile Investimenti prima e successivamente Responsabile Area Advisory in Banca Intermobiliare d’Investimenti e Gestioni (BIM). Skills : Asset allocation, analisi tecnica e fondamentale, Macro View, stock picking

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