L’impennata delle tensioni in Medio Oriente a seguito degli attacchi contro Israele non ha ancora impattato in modo consistente i mercati azionari, ma il rischio geopolitico è aumentato in misura considerevole.
Unici beneficiari chiaramente possono essere i titoli legati alla difesa che erano stati pesantemente svenduti dal 1° settembre a causa del rischio del blocco del bilancio statale.
Il conflitto tra Israele e Hamas potrebbe aiutare a risolvere l’incertezza interna degli Stati Uniti legata alla battaglia in corso tra i presidenti della Camera e chiarire il percorso da seguire per nuovi finanziamenti alla difesa.
Abbiamo già assistito a un primo rimbalzo dei titoli del “settore della difesa”.
Il mercato starà a guardare per vedere se emergerà un candidato consensuale come portavoce all’interno del GOP e se si farà chiarezza sul livello appropriato di aiuti per l’Ucraina.
Al momento si parla di un nuovo pacchetto di aiuti a Israele e Ucraina, del valore complessivo di 2 mld di dollari.
Un inasprimento delle sanzioni sulle esportazioni di petrolio da parte degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran può anche avere un impatto sull’equilibrio dell’offerta globale, che può sostenere la prospettiva di un prezzo del petrolio “più alto per più tempo”.
Anche se i mercati statunitensi hanno per il momento trascurato questi eventi (questo conflitto ha una reale possibilità di grandi ricadute.
Questo attacco terroristico è l’equivalente di un nuovo “11 settembre” in cui furono presi di mira i civili.
È in corso una dura risposta israeliana che potrebbe includere l’estensione del conflitto all’Iran, il simbolo del terrorismo sponsorizzato dallo stato, dove a settembre sono emerse voci di un imminente attacco. Siate certi che Israele continuerà a mettere in discussione il coinvolgimento dell’Iran.
Il contesto geopolitico può contribuire all’aumento dei prezzi del petrolio nel medio termine e il pallino è in mano all’Arabia Saudita che ha gli strumenti disponibili per controllare i prezzi e mantenerli più alti.
I fattori per il supporto dei prezzi attorno al livello attuale o superiore)includono:
- Segnali minimi/nessun di aggiustamento di rotta da parte dell’OPEC+. Lo scenario di base della strategia dell’OPEC fino alla fine dell’anno e fino al 2024 è quello di mantenere l’offerta di petrolio in misura sensibilmente inferiore alla domanda.
- Opportunità limitate o nulle per sbloccare forniture aggiuntive attraverso impegni diplomatici (accordo sulla sicurezza tra Stati Uniti e Arabia Saudita o accordo sul nucleare iraniano). Tuttavia, un accordo formale e duraturo richiederebbe l’approvazione del Congresso, ma con il recente attacco terroristico, sarebbe folle per la Presidenza USA impegnarsi in relazioni diplomatiche con l’Iran adesso.
- Allo stesso modo, dimenticatevi qualsiasi patto nucleare con l’Iran. questo è un problema MORTO.
- La crescente cooperazione dell’Iran con la Russia nella sua guerra è un altro ostacolo diplomatico. Potenziali tentativi di utilizzare come arma i prodotti petroliferi/raffinati da parte della Russia. Tuttavia, le aspettative sono che l’OPEC/Arabia Saudita rimetterebbero l’offerta sul mercato se le preoccupazioni sulla distruzione della domanda dovessero aumentare.
- C’è però una WILD CARD. La sostenuta domanda di importazioni di petrolio da parte della Cina, che ha triplicato le importazioni dall’Iran negli ultimi 12 mesi ed è il più grande importatore mondiale, potrebbe rallentare a causa della debolezza dell’attività economica sarà un fattore da tenere d’occhio nei prossimi mesi. Un’altra possibilità, più preoccupante, è che invece la Cina stia accumulando scorte in previsione di un’interruzione geopolitica dell’offerta. Sono i maggiori acquirenti di petrolio iraniano e nelle ultime dichiarazioni pubbliche hanno appoggiato apertamente Hamas È stato notato che la Cina ha acquistato quantità significative di GNL nel periodo precedente all’invasione russa dell’Ucraina, potrebbe essere lo stesso adesso per il petrolio.
- Infine, un ulteriore utilizzo delle scorte strategiche non è più un opzione praticabile per gli Stati Uniti, soprattutto in vista del ciclo elettorale del 2024.
La Cina compra il petrolio dall’Iran senza rispettare le sanzioni internazionali
Il grafico delle esportazioni di petrolio iraniano (https://www.washingtoninstitute.org/policy-analysis/infographic-visual-guide-irans-soaring-oil-exports#:~:text=Iranian%20oil%20exports%20have%20increased,demand%20for%20heavily%20discounted%20crude)
mostra un aumento di tre volte nel 2023. Si attestano a un sorprendente livello massimo degli ultimi 5 anni e la Cina è il principale acquirente.
Nonostante le sanzioni, la Repubblica popolare cinese ha acquistato circa 47 miliardi di dollari di petrolio iraniano. Una parte importante di questi introiti serve all’Iran per sostenere la propria industria bellica e per finanziare il terrorismo.
Senza petrolio, l’Iran non ha soldi. Senza soldi, il terrorismo perde il suo più grande benefattore.
Quali conseguenze sono possibili per i mercati azionari?
In un contesto in cui i tassi di interesse salgono, per cercare di far abbassare il tasso di inflazione, i prezzi delle azioni tendono a scendere, perché gli investitori confrontano il rendimento delle azioni, espresso dall’inverso del P/E (cioè, utili/prezzo dell’indice azionario) rispetto al risk free rate di lungo termine.
Il modello del fattore di premio di rischio quantifica e spiega l’impatto degli utili e delle aspettative a lungo termine del Tesoro sull’S&P 500.
L’Equity risk premium è la misura a livello ‘grezzo’, cioè il dato istantaneo della differenza tra il rendimento delle azioni e quello delle obbligazioni.
Inoltre i titoli del tesoro USA a 10 anni mostrano rendimenti reali postivi per la prima volta da 15 anni, perché il rendimento sfiora il 5% e le aspettative di inflazione a lungo termine sono al 3,8%.
Uno dei più efficienti è il modello Risk Price Factor. In questo momento, il rialzo dei tassi di interesse sui T Bonds a lungo termine e il rallentamento della crescita degli utili dell’indice Sp500, hanno determinato una sopravvalutazione di circa il 18% in base al modello che misura il rendimento delle azioni rispetto a quello delle obbligazioni.
Il divario che c’è in questo momento tra valore intrinseco di circa 3500 e prezzo di mercato dell’indice SP500 di 4400 potrebbe essere colmato solo da utili che superino le aspettative del 18% o da tassi di interesse a lungo termine misurati dai titoli del Tesoro a 30 anni che scendano al 3,6% entro i prossimi 6 mesi.
L’equilibrio dei mercati azionari è instabile e i venti guerra, in Medio Oriente, soprattutto se diventasse guerra regionale , sarebbero sufficienti a farlo cadere.
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