La realtà storica è che si fa una fotografia dell’economia l’Italiana, si vede un Paese economicamente bloccato da anni, il cui Pil è ancora al di sotto ai valori del 2007, così come il PIL pro capite, la vera misura della ricchezza di un Paese.
Lo scenario di partenza è quindi uno scenario negativo e incancrenito da anni, in cui si innesta la recessione demografica, ormai certa in base alle proiezioni dell’Istat.
La dinamica demografica registrata nel 2022 ha continuato a essere negativa: al 31 dicembre la popolazione residente è risultata inferiore di circa 179 mila unità rispetto all’inizio del 2022, nonostante il positivo contributo del saldo delle ondate migratorie dall’estero.
Il saldo naturale della popolazione è fortemente negativo. Le nascite risultano in ulteriore calo, anche se con lievi segnali di recupero al Sud.
I decessi restano ancora su livelli elevati, anche per effetto dell’incremento registrato nei mesi estivi a causa del caldo eccessivo.
Sulla base dello scenario di previsione “mediano” è attesa una decrescita della popolazione residente nel prossimo decennio: da 59,2milioni al 1° gennaio 2021 (punto base delle previsioni) a 57,9 milioni nel 2030.
Nel medio termine la diminuzione della popolazione risulterebbe più accentuata: da 57,9milioni a 54,2 milioni tra il 2030 e il 2050.
Il rapporto tra individui in età lavorativa (15-64 anni) e non (0-14 e 65 anni e più) passerà da circa tre a due nel 2021 a circa a uno nel 2050.
Consideriamo poi l’effetto negativo della probabile riduzione della forza lavoro.
Secondo l’Istat, nel 2050 quasi il 35 per cento della popolazione italiana avrà più di 65 anni, cioè più di un italiano su tre non sarà più in grado di lavorare.
A dati di nascite costanti (ma è una forte incognita, visto il trend discendente delle nascite), la percentuale di persone abili al lavoro, con un’età compresa tra i 15 e i 64 anni, calerebbe di circa 11 punti percentuali: dal 64 per cento della popolazione totale a circa il 53 per cento.
Nel 2050, tenuto conto della diminuzione della popolazione, le persone in età da lavoro passerebbero da circa 38 milioni a poco più di 29 milioni, con un forte impatto negativo sul PIL.
La forma attuale di ondate migratorie non è una soluzione alle conseguenze del deficit demografico
Dopo le prime forti ondate migratorie proveniente dai Paesi dell’Est Europa negli anni 90, ormai completamente assorbita nel tessuto lavorativo e produttivo, le ondare migratorie più recenti provengono dai Paesi Africani, il c.d. fenomeno dei barconi, che ha origine a partire dal 2011 con il fallimento delle c.d. ‘Primavere Arabe’ e che nel 2023 è raddoppiato rispetto al 2022.
Le motivazioni di questi movimenti migratori sono facilmente comprensibili, considerate le condizioni disperate dei Paesi di origine, ma la loro integrazione è molto più problematica per motivi culturali, spesso caratterizzata da forme di integralismo islamico e per il fatto che il tessuto produttivo non riesce ad assorbire questa ondata migratoria, perché l’Italia negli ultimi 25 anni ha perso oltre il 25% della capacità produttiva industriale e i nuovi immigrati non sono manodopera specializzata facilmente impiegabile.
Un ulteriore considerazione è che probabilmente negli ultimi anni la spinta migratoria dai Paesi Africani è stata manovrata dalla guerra ibrida in atto tra USA e UE da una parte e Russia e Iran dall’altra, nel tentativo di minare le istituzioni occidentali.
La politica economica dei vari governi che si sono succeduti negli ultimi 25 anni non è riuscita a programmare una reindustrializzazione del Paese, anzi qualche forza politica ha parlato di “decrescita felice”, altri ritengono che i consumi debbano diminuire perché sono troppo alti.
Peccato che i consumi rappresentino il 70% del Pil italiano e che quindi la “bomba demografica” su cui siamo seduti potrebbe innescare uno “tsunami di de-consumi” (frase utilizzata dall’amministratore delegato della catena di supermercati Carrefour, non uno slogan politico) con conseguenze devastanti sul PIL italiano.
Meno Pil=meno tasse incassare dallo stato=meno servizi per i cittadini.
Modelli economici che potrebbero migliorare il trend demografico e mitigare le conseguenze negative sul PIL
In economia alla fine la cosa più semplice è copiare modelli che hanno funzionato e che sono sostanzialmente 2:
Una reindustrializzazione del territorio italiano: creazione di distretti e aree dove vengano defiscalizzate le aziende che impiantano siti produttivi con almeno 2000 dipendenti, perché solo una grande azienda crea uno sviluppo veloce del territorio, tramite l’assunzione di nuovi addetti e l’indotto che si può creare attorno.
Si può citare il recente esempio del Nevada che ha defiscalizzato per 10 anni la Gigafactory di Tesla e BMW per la produzione delle batterie.
Nella storia italiana un esempio simile furono le leggi Livornine che a partire dal 1591 favorirono l’afflusso di numerosi mercanti stranieri, con la defiscalizzazione di molte attività commerciali ed artigianali, e la città di Livorno subì perciò un enorme aumento demografico.
Livorno diventò così una città cosmopolita, multiculturale e multireligiosa, dove ogni gruppo religioso ebbe la possibilità di costruire il proprio luogo di culto (ad esempio, la Chiesa della Santissima Annunziata per i greci, la Sinagoga per gli ebrei e molte altre).
In breve tempo Livorno divenne uno degli empori mercantili più efficienti del Mediterraneo.
Un mutamento di rotta del Welfare, con provvedimenti di defiscalizzazione a favore delle famiglie, investimenti in infrastrutture essenziali come gli asili nido (lo chiedeva anche la normativa del PNRR e non è stato fatto praticamente nulla), investimenti nell’istruzione pubblica ad ogni livello.
Qui l’esempio più vicino è quello della Francia, che a nessun politico è mai venuto in mente di copiare.
Il futuro non è roseo
Senza un processo di reindustrializzazione che attragga manodopera specializzata dai Paesi Europei, soprattutto da quelli dell’Est e senza un nuovo impianto di Welfare a favore delle famiglie per stabilizzare il trend negativo decessi-nuove nascite, avremo sempre e soltanto l’immigrazione dei barconi, con tutti i problemi connessi.
Purtroppo studiare i problemi e cercare le soluzione è un esercizio complesso, che richiede una programmazione seria per molti anni, ma è molto più facile lanciare slogan piuttosto che porre rimedi e la situazione economica rischia di peggiorare di anno in anno e possiamo solo sperare nello “stellone”.
Resta aggiornato sulle nostre notizie
Se questo articolo ti è piaciuto condividilo sui tuoi canali social attraverso i pulsati dedicati qui sotto e commenta per condividere le tue esperienze ed opinioni sull’argomento.
Per restare aggiornato sui nuovi articoli pubblicati su Word2Invest attiva le notifiche dalla campanella e iscriviti al canale Telegram di Word2Invest per ricevere breaking news e i principali appuntamenti del calendario economico.