Secondo i dati flash PMI compilati da S&P Global, la crescita dell’attività economica statunitense è rimasta prossima allo bloccata per il secondo mese consecutivo, alla fine del terzo trimestre, con l’indice PMI a 50,1, in ribasso rispetto al 50,2 di agosto, l’indice S&P Global Flash US PMI Composite Output Index ha segnalato la più debole ripresa dell’attività da febbraio e un’espansione solo frazionaria.
La domanda rimane sotto pressione a causa dell’aumento del costo della vita e l’aumento dei tassi di interesse, che hanno frenato in particolare la crescita del settore dei servizi, dopo la robusta crescita osservata all’inizio dell’estate.
I dati dell’indagine sui prezzi, nel frattempo, indicano una persistente vischiosità dell’inflazione, coerente con un indice dei prezzi al consumo che si attesti intorno al livello tra il 3-4% nei prossimi mesi, con prezzi del petrolio più alti che presentano nuovi rischi al rialzo per l’inflazione.
Anche la crescita dei salari rimane un driver importante dell’inflazione, e la crescita dell’occupazione è aumentata a settembre, aggiungendo segnali di forza al mercato del lavoro.
I bassi valori del PMI in agosto e settembre indicano un quadro più debole dell’economia americana negli ultimi mesi rispetto alla robusta espansione osservata nel secondo trimestre.
Mentre nel secondo trimestre il PMI principale era in media di 53,6, la media del terzo trimestre è scesa a 50,8.
Ciò indica un ribasso del tasso di crescita annualizzata del PIL da circa il 2% all’1% tra il secondo e il terzo trimestre. L’ultima stima disponibile del PIL prevede una crescita del secondo trimestre al 2,4%.
Il reddito interno lordo ha tracciato un percorso più preoccupante, molto più in linea con il PMI.
Sia il Gross Domestic Income che il Purchase Manager Income hanno infatti segnalato contrazioni economiche nel quarto trimestre del 2022 e nel primo trimestre del 2023, seguite da un ritorno alla crescita nel secondo trimestre.
Il confronto tra PMI e GDI suggerisce quindi che il GDI potrebbe indebolirsi nuovamente nel terzo trimestre.
Peggiora l’attività economica in Europa
L’attività economica dell’Eurozona è rimasta negativa alla fine del terzo trimestre dell’anno, poiché un aumento del tasso di perdita di ordini ha portato ad un ulteriore calo dell’attività.
I costi di acquisto hanno continuato ad aumentare notevolmente e il tasso di inflazione è addirittura aumentato rispetto a quello osservato ad agosto, in parte a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio.
Le aspettative future delle imprese sono crollate drasticamente e ora sono deboli rispetto agli standard storici, suggerendo un’accelerazione del tasso di declino nei prossimi mesi.
L’accelerazione del tasso di declino complessivo è stata concentrata nel settore dei servizi, dove il calo dei nuovi ordini è stato il più forte dai tempi della pandemia. Infatti, escludendo i mesi interessati dalle restrizioni legate al Covid-19, il calo dei nuovi ordini nel settore dei servizi è stato il maggiore da maggio 2013.
La Germania ha visto un calo della produzione per il terzo mese consecutivo e ad un ritmo sostenuto, la produzione manifatturiera tedesca è diminuita al ritmo più rapido dai tempi dell’ondata iniziale della pandemia di COVID-19, mentre l’attività dei servizi è diminuita marginalmente.
La contrazione in Francia è stata più grave che in Germania, con l’attività in calo nella misura maggiore da novembre 2020, come avevamo segnalato nel nostro recene articolo https://www.word2invest.com/2023/09/crisi-francia-con-crollo-dei-consumi-arrivera-il-contagio-anche-in-italia/.
Escludendo i mesi colpiti dalla pandemia, la contrazione della produzione di settembre è stata la più marcata in oltre un decennio. I tassi di diminuzione si sono accelerati sia nel settore manifatturiero che nei servizi.
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