L’allarme inflazione, se confermato può avere conseguenze importanti sui mercati finanziari, perché la maggior parte degli investitori aspetta il c.d. “pivot”, cioè il cambio di direzione di politica monetaria della FED.
I prezzi medi praticati dalle fabbriche per i loro prodotti sono aumentati per la prima volta in quattro mesi nel mese di agosto, secondo il JPMorgan Global Manufacturing Purchasing Managers’ Index compilato da S&P Global.
Le aziende hanno segnalato una sostenuta pressione al rialzo da parte dei salari, insieme ad una ripresa della pressione al rialzo sui prezzi derivante dai costi dell’energia e delle materie prime.
Questi dati lasciano intravvedere che il recente calo delle pressioni sui prezzi nel settore manifatturiero potrebbe essersi esaurito.
C’è allarme perché tasso di inflazione dei prezzi alla produzione è salito al massimo degli ultimi quattro mesi negli Stati Uniti e ha toccato il massimo degli ultimi cinque mesi anche in Canada, in misura minore invece nell’Eurozona, U.K e nella Cina continentale.
Di fatto i produttori hanno trasferito sui clienti gli aumenti dei costi produttivi in fabbrica, che sono aumentati per la prima volta in quattro mesi in agosto.
Allarme inflazione: le cause
Tra le cause dell’ allarme inflazione per l’ aumento dei prezzi alla produzione c’è in primo luogo l’aumento dei costi salariali, ma è aumentata per la prima volta in 11 mesi anche la pressione al rialzo derivante dall’aumento dei costi energetici, raggiungendo il livello più alto da marzo.
Anche la pressione al rialzo derivante dall’aumento dei costi delle materie prime si è rafforzata, salendo per il secondo mese consecutivo fino a raggiungere il livello più alto da febbraio.
A compensare l’impatto sui costi finali della pressione derivante dall’aumento dei costi di produzione, c’è un calo della domanda, come dimostra il calo dei nuovi ordini di beni per il quattordicesimo mese consecutivo.
Allarme inflazione: c’è qualche miglioramento in vista?
Un fattore invece da guardare con attenzione sono i tempi medi di consegna dei fornitori che hanno fatto segnare il miglioramento più basso registrato da febbraio, un possibile di un tentativo di rafforzamento del potere di determinazione dei prezzi tra i fornitori di materie prime.
Un ulteriore calo della domanda potrebbe bloccare la trasmissione dell’inflazione dai prezzi alla produzione ai prezzi al consumo e far rientrare l’allarme inflazione, in caso contrario potremmo assistere ad un nuova ripresa degli indici dei prezzi al consumo, con conseguenti riflessi sulla politica monetaria delle principali banche centrali e un ulteriore allontanamento del c.d. “pivot” della FED.
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