Nelle ultime settimane il settore obbligazionario USA ha subito un considerevole ribasso.
Durante una conferenza giovedì scorso, in un intervento che appare quasi coordinato con la riunione della BCE nello stesso giorno, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha ribadito il suo impegno a continuare una politica aggressiva di contrasto all’inflazione della banca centrale e ormai il mercato prezza un altro incremento di 75bp alla fine di settembre.
Il presidente della Fed sta cercando di mitigare le aspettative tra i consumatori e le imprese che i prezzi continuerebbero ad aumentare, il che potrebbe innescare cambiamenti nella spesa, determinando abitudini che potrebbero essere difficili da annullare.
Anche il vicepresidente della Fed Lael Brainard durante un discorso sulla conferenza sulla politica bancaria a New York mercoledì scorso ha dichiarato che è particolarmente importante proteggersi dal rischio che le famiglie e le imprese possano iniziare ad aspettarsi che l’inflazione rimanga al di sopra del 2% a lungo termine.
Il loro messaggio è che dovremmo aspettarci che rimangano in modalità politica restrittiva anche dopo aver iniziato a vedere i dati dell’inflazione nella giusta direzione.
La Fed ha in mano le sorti dell’obbligazionario USA: don’t fight the FED
La Fed è stata duramente criticata per aver sottovalutato l’ampiezza e la durata dell’attuale attacco di inflazione e ora il Presidente Powell e i vari Presidenti delle Fed Regionali si prodigano a comunicare di aver imparato la lezione.
Nelle sue osservazioni di giovedì, Powell non ha indicato per quanto tempo la Fed si aspettava di mantenere la sua attuale traiettoria politica, ma alcuni sospettano che potrebbe essere un po ‘di tempo, anche se i funzionari sono disposti ad accettare una base più elevata – diciamo, il 3% – piuttosto rispetto al loro obiettivo di inflazione del 2%.
Cosa può accadere dopo le ultime dichiarazioni della Fed?
La recente debolezza dell’obbligazionario USA è dovuta al fatto che ormai gli investitori si aspettano un aumento di 75 punti nel prossimo policy meeting della Fed alla fine di settembre.
Quello che deve invece essere ancora prezzato dai mercati, è la politica della Fed di utilizzare il Quantitative Tightening come strumento per combattere l’inflazione e aumentare i tassi di interesse.
È in arrivo, infatti, un’accelerazione del Quantitative tightening (QT), cioè la riduzione del bilancio della Federal Reserve, attraverso la vendita sul mercato di ingenti quantità di titoli del Tesoro e delle agenzie governative.
Il QT è esattamente l’opposto del QE, con cui le banche centrali hanno stampato denaro per acquistare titoli sul mercato aperto.
L’ultimo QT della FED risale al periodo 2017-2019 e alla fine del 2019 c’erano 4,2 trilioni di $ nel bilancio della Fed, ammontare che alla fine di maggio 2022 era arrivato a 8,9 trilioni di $.
Nel periodo tra il 2017 e il 2019, la Fed ha ridotto il suo balance sheet di $ 650 bln. La Fed, a partire da settembre, ha in programma di vendere sul mercato $ 95 miliardi di titoli al mese, mantenendo alta la pressione sui tassi di interesse.
I titoli a lunghissima scadenza si apprestano a segnare il minimo di questo ciclo
Dopo il rally estivo Treasury Bond 30yr e del corrispondente ETF TLT, cioè il comparto obbligazionario USA 20+, è ripresa violenta la discesa nel corso delle ultime 2-3 settimane.
La configurazione dei tassi a lunghissimo termine sta registrando nuovi minimi del future del Treasury Bond 30Yr e del corrispondente ETF TLT, ma già nelle prossime settimane è probabile che si arrivi ad un punto di equilibrio perché il continuo rialzo dei tassi della FED e il QT aumentano decisamente le probabilità di recessione e i titoli di stato a lunghissimo termine torneranno ad essere il bene rifugio per eccellenza.
Probabilmente il punto di equilibrio è a cavallo del 4% di rendimento, che potrebbe indurre i Fondi Pensione USA a incrementare la componente obbligazionaria a discapito di quella azionaria.
Quale può essere la strategia più conveniente? Don’t fight the Fed!
Come si vede dal posizionamento rispetto alla tabella riportata sopra, l’indice Sp500 essendo arrivato a toccare 3650 a giugno, ha fatto segnare un -24% dal massimo del 4 gennaio, posizionandosi in un punto intermedio, poco più della media dei trend al ribasso, ma ancora lontano dalle perdite registrate nelle precedenti fasi di recessione importante.
Se la FED riterrà necessaria una recessione marcata per sconfiggere l’inflazione, i minimi sarebbero ancora lontani, se invece la Fed dovesse mostrarsi inizialmente rigida, ma diventare più flessibile durante l’autunno per il regredire dell’inflazione, allora prenderebbe maggiore forza l’ipotesi che i minimi di giugno siano stati i minimi del ciclo al ribasso.
In sintesi è conveniente seguire il motto “don’t fight the Fed” e seguire attentamente gli sviluppi di politica monetaria.
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