Nel corso delle ultime settimane ci sono state alcune indicazioni che lascerebbero pensare che l’inflazione abbia già toccato il picco all’inizio dell’estate:
- La forte discesa di alcune materie prime come i metalli industriali
- La discesa dei prezzi del petrolio, che dai massimi di maggior sono rientrati del 25%
- L’indagine sui gestori degli acquisti del settore manifatturiero statunitense di luglio ha rilevato che l’indice dei prezzi pagati è sceso a 60,0 dall’87,1 di gennaio.
Quest’ultimo dato era stato in parte anticipato dagli indici dei prezzi pagati e dei prezzi ricevuti comunicati dai cinque rapporti dei dipartimenti regionali della FED sulle imprese hanno confermato che le pressioni inflazionistiche stanno in qualche modo rientrando.
Sembra che le interruzioni della catena di approvvigionamento si stiano attenuando, come evidenziato dal portafoglio ordini e dagli indici dei tempi di consegna in tutti questi sondaggi.
In tutti questi rapporti emerge che, la domanda sta rallentando, ma non andando a picco.
Scenario leggermente diverso in Italia e nell’Eurozona.
Nell’Eurozona, malgrado la debolezza della domanda, le pressioni inflazionistiche sono rimaste più elevate, perché la forza del dollaro ha parzialmente compensato la discesa dei prezzi di alcune materie prime e per il fatto che nella componente energia, il prezzo del gas è rimasto molto alto.
In Italia la pressione dell’inflazione sta condizionando il settore del commercio, dove a giugno l’Istat stima una flessione congiunturale per le vendite al dettaglio piuttosto marcata, pari a -1,1% in termini di controvalore e -1,8% in termini di volume.
Tanto per dare un metro di misura più evidente, le vendite al dettaglio crescono di 1,4% in termini di controvalore, ma scendono del 3,8% in termini di volume rispetto al giugno 2021.
Da quest’ultimo dato si capisce quanto l’inflazione pesi sulla spesa delle famiglie, che sono soffocate dall’incremento dei prezzi di utenze ed altri costi fissi incomprimibili, che determina una riduzione degli acquisti da parte dei consumatori.
Alcune associazioni di settore come la Confesercentitemono un vero e proprio autunno nero per i consumi e i consumi pesano circa il 50% dell’intero PIL.
Che effetto possono avere questi scenari sull’economia e sui mercati finanziari?
Una riduzione dell’inflazione, dovuta alla discesa delle materie prime e al miglioramento della catena di approvvigionamento, sarebbe sicuramente positiva per limitare futuri rialzi dei tassi di interesse in Europa e negli U.S.A., ma l’effetto perverso dell’inflazione si è ormai trasposto sui beni intermedi e negli U.S.A. anche sui salari, motivo per cui la discesa dell’inflazione intesa come prezzi al consumo, sarà molto più lenta della discesa dei prezzi delle materie prime.
Questo determinerà un ulteriore calo dei consumi, soprattutto nell’Eurozona e in particolare in Italia e il calo dei consumi renderà più vulnerabili gli utili delle aziende, soprattutto quelle italiane.
Picco dell’inflazione e contemporaneo calo dei consumi: come proteggere i propri investimenti?
La soluzione più logica per difendere i propri investimenti da un probabile effetto di picco dell’inflazione, ma con un sensibile calo dei consumi in autunno, può essere quella di coprire il rischio sui propri investimenti acquistando un ETF Short sulla sull’indice Ftse-Mib, come il Wisdom Tree leva 3 short ISIN IE00B873CW36 approfittando anche del fatto che l’indice Ftse-Mib ha recuperato circa il 15% dai minimi di metà giugno.
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