Tesla (NSDQ:TSLA) si trova sotto i riflettori di Wall Street dopo la chiusura della giornata di ieri 9 novembre in negativo record del -12%, seguita alla chiusura di lunedì 8 con un -4,84%, per una perdita totale dal week-end scorso pari a circa 200 miliardi di dollari di capitalizzazione. Che cosa è successo?
L’antefatto
Il tonfo dell’azienda è stato innescato da un sondaggio di Elon Musk rilasciato sabato 6 novembre sul suo profilo personale. Nel tweet il CEO di Tesla rimetteva alla volontà del web la decisione di vendere o meno il 10% del proprio patrimonio azionario in Tesla al fine di poter pagare anche lui le tasse.

Elon, che formalmente non percepisce alcun compenso per la carica di CEO, detiene circa il 17% della capitalizzazione di Tesla e fin tanto che non liquiderà interamente o in parte la sua posizione non dovrà, secondo le leggi correnti, pagare alcuna imposta.
Sono difatti tassabili solo i guadagni realizzati con la vendita delle azioni, mentre rimangono esclusi quelli in conto capitale, ovvero quegli incrementi di valore delle stesse dovuti al solo apprezzamento di mercato.
Considerato ciò, i super ricchi detentori di ingenti patrimoni in azioni come Elon non pagherebbero mai un centesimo di tasse fin tanto che le posizioni non vengano effettivamente liquidate.
Da questo presupposto nasce la proposta dei democratici americani di istituire una tassa che colpirebbe, se un giorno approvata, anche i guadagni in conto capitale, ovvero gli apprezzamenti delle posizioni detenute in portafoglio, ma solo di una particolare fetta di investitori: gli ultra ricchi.
Molti di quelli che appoggiano questa proposta di legge vedono infatti nella detenzione di ingenti quantitativi di azioni una sorta di elusione fiscale, uno stratagemma per detenere un patrimonio al riparo delle imposte sui redditi.
Elon quindi si è inserito nel dibattito pubblico USA a gamba tesa attraverso un proprio sondaggio che non ha lasciato scampo ad equivoci, chiedendo difatti al grande pubblico cosa avrebbe dovuto fare per poter “pagare le tasse”.
Conclusosi dopo 24 ore, nel sondaggio sono prevalsi i si (58%) sui no (42%), su un totale di 3 milioni e 520 mila votanti. Vedremo ora se Musk, che in un secondo tweet ribadiva che avrebbe eseguito senza remore la volontà dei votanti, rispetterà questo grande impegno.
Ad alimentare il fuoco c’è stato anche un ulteriore retroscena che ha contribuito ad affossare il titolo in borsa, la scoperta della vendita di 63.500 azioni Tesla da parte di Kimbal Musk, fratello di Elon, nonché membro del board in Tesla. L’ammontare dell’operazione di circa 78 milioni di dollari si era conclusa il giorno precedente del famoso tweet di Elon.
Incredibile pensare come le azioni di Tesla solo nell’ultimo mese avessero guadagnato il 50%, derivante soprattutto dalla notizia dell’acquisto e noleggio da parte del gigante del rental Hertz di un parco auto elettriche dell’azienda californiana.
Torna Michael Burry a dire la sua.
Michael Burry ha spiegato, recentemente, con un tweet la vera ragione che avrebbe portato Elon Musk a vendere un’ampia quota delle azioni in suo possesso. Il CEO di Tesla sembrava andare contro la proposta della tassa imposta dal segretario del tesoro Janet Yellen del governo Biden, ma, in realtà sembrano esserci molte più ombre.

In un documento rilasciato dalla Securities and Exchange Commission, si evince che ad agosto Musk aveva impegnato all’incirca il 36% delle sue azioni come garanzia a prestiti personali contratti verso la fine di giugno.
Probabilmente siamo di fronte ad un CEO di Tesla bisognoso di liquidità necessaria per rimborsare tale debito. Una pratica a quanto pare diffusa, messa in luce da un’associazione di giornalismo investigativo “ProPublica” su come i miliardari chiedessero prestiti grazie alle azioni in loro possesso riducendo nettamente gli oneri fiscali.
Tesla, ad oggi, è per molti un’azienda fondamentale per lo sviluppo del settore delle auto elettriche e per preservare gli azionisti e il mercato sarebbe opportuno separare definitivamente il teatro imposto da una figura ecclettica come Musk.