Il governo Draghi ha inserito, recentemente, un nuovo tetto di 500 milioni di euro ai benefici fiscali derivanti dalle fusioni tra istituti bancari.
Dopo il dietrofront di Unicredit (MIL:UCG) per l’acquisizione di Monte dei Paschi di Siena, nella recente legge di bilancio è stata inserita tale clausola.
Una vera e propria sciagura per diverse grandi banche italiane che avrebbero potuto usufruite di importanti crediti d’imposta.
Come ha reagito il mercato?
Piazza Affari ha registrato un netto calo di due istituti bancari prossimi alla fusione. Infatti, Banco BPM e Bper sono stati i titoli che hanno registrato più vendite. D’altro canto, banche di dimensioni più piccole hanno registrato guadagni in Borsa quali Carige e Credem.
Da dove è scaturito questo cambiamento?
Non si può dire con certezza assoluta, ma, la mossa del governo Draghi deriva da una risposta nei confronti del naufragio Unicredit/Mps dello scorso 24 ottobre.
Le precedenti agevolazioni, infatti, erano nate per favorire la privatizzazione della banca senese e favorirne il suo salvataggio.
Il governo non ha preso alla leggera la scelta di Unicredit depennando dal budget 2022 le risorse fiscali utili alle future operazioni di fusione fra istituti.
Cosa succederà adesso?
Ci sono diverse ipotesi circa un possibile nuovo tentativo di acquisizione last minute, ma una svetta sulle altre. Orcel e gli analisti ritengono la questione Mps chiusa.
Al contrario si ipotizza una possibile fusione con Bpm, ovviamente tutta da verificare vista la chiusura delle porte dei bonus fiscali.
In realtà, si potrebbe ancora attuare con i calcoli pre-manovra ma solo con il benestare dei rispettivi CdA entro fine anno.
Approfondimento
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