Lunedì 8 novembre abbiamo pubblicato sul sito Word2Invest un articolo su Alfonsino, nuova brillante realtà tutta italiana operante nel settore del food delivery. Nata a Caserta nel 2016, entro la fine dell’anno la società dovrebbe perfezionare l’iter che la porterà alla quotazione su Borsa Italiana nell’indice Euronext Growth Milan (ex AIM Italia). Le azioni offerte in sottoscrizione a pagamento per un valore massimo di € 4,5 milioni saranno 2,5 milioni e la forchetta di prezzo è stata fissata tra un minimo di 1,50 € ed un massimo di 1,80 €.
Prima di procedere con questo approfondimento vi invitiamo pertanto a leggere l’articolo completo pubblicato sul sito Word2Invest per conoscere ulteriori aspetti della quotazione, la composizione del management e il business model di Alfonsino. In questo contributo effettueremo invece una breve analisi comparativa con alcuni dei player che operano nello stesso mercato di Alfonsino e che sono, a nostro avviso, vicini a questa società. L’obiettivo è quello di riscontrare o meno la presenza tra questi attori di convergenze o divergenze evidenti nei rispettivi business model. Tali evidenze ci permetteranno di aggiungere maggiori elementi valutativi utili in ottica operativa IPO.
Il seguente contributo è stato pubblicato Domenica 14 Novembre su investiQUI, il nostro magazine dedicato all’analisi delle migliori opportunità di investimento presenti sui mercati finanziari in uscita ogni mese.
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Estratto da “investiQUI”
A livello internazionale i player più importanti del settore delivery sono i ben noti Just Eat, Deliveroo, Glovo, Delivery Hero e DoorDash. Guardiamo più da vicino proprio quest’ultima in quanto è l’azienda che risulta essere maggiormente comparabile con Alfonsino. DoorDash ha avuto negli ultimi anni una crescita di business spettacolare, accompagnata anche dall’apprezzamento delle relative azioni quotate al Nasdaq. Attualmente la società capitalizza 69 miliardi di dollari.
Questa compagnia è leader di mercato negli Stati Uniti, principalmente grazie al suo successo costruito nei sobborghi americani, che in un certo modo possiamo paragonare alle nostre piccole città. A differenza di Alfonsino che detrae dai ricavi tutti i costi relativi ai Driver, i ricavi derivanti dall’attività di delivery sono già netti e la società non deve sostenere i costi del conducente. Questo perché i clienti pagano una tassa di consegna, una mancia all’autista e una commissione a DoorDash per il funzionamento della piattaforma. Grazie a questo schema, la società vanta già margini lordi superiori al 50%, mentre l’Ebitda sta cominciando a diventare positivo soltanto nel 2021 a fronte di ingenti costi sostenuti per pubblicità. Il grafico sottostante si riferisce a DoorDash, ma è esplicativa anche per Alfonsino perché rende perfettamente l’idea del circolo virtuoso che innesca la crescita di copertura territoriale che ogni società di delivery ambisce ad ottenere.

In generale, la caratteristica dei player internazionali è quella di puntare ad una forte espansione della copertura territoriale, senza badare troppo alla cassa, anzi bruciando continuamente risorse per poi andare a chiedere ulteriori round di iniezioni di capitali al mercato o ai fondi di private equity. Prendiamo l’esempio di Deliveroo: pur avendo alle spalle Amazon (dopo l’IPO è, infatti, ancora azionista per l’11% del capitale), quest’anno avrà un Ebitda negativo di 160 mln di GBP e di 130 mln l’anno prossimo e fino al 2024, se tutto va bene, non arriverà ad Ebitda positivo. Anche Just Eat quest’anno avrà un Ebitda negativo di 360 mln di euro.
In questo particolare momento storico in cui è abbastanza facile reperire capitali di rischio questi player del delivery lo fanno a piene mani, ma bisogna ricordare che questa non è una politica ben vista dagli investitori, perché ad ogni nuovo aumento di capitale corrisponde una diluizione del valore investito precedentemente nella società. Il mercato sembra averlo capito e negli ultimi mesi le azioni Deliveroo hanno avuto un importante ribasso. Solo DoorDash sta cominciando a produrre cash flow in misura significativa, ma la valutazione di mercato delle azioni DoorDash è ormai elevatissima, dal momento che ai prezzi correnti di mercato il titolo quota 13 volte il fatturato 2021. Alfonsino, al contrario di DoorDash e soprattutto di Deliveroo, Glovo e Just Eat, è riuscita a non bruciare cassa già da un paio di anni, grazie ai parametri di selezione dei nuovi centri (quantità di popolazione, reddito medio pro capite, vicinanza ad un centro Universitario, ove possibile, per avere un bacino di potenziali Driver e presenza di qualcuno dei Premium Partners affiliati) e al loro software operativo, che, con un algoritmo proprietario, consente di effettuare un preciso fine tuning dei costi rispetto ai ricavi attesi e che viene costantemente aggiornato in base alle statistiche delle nuove aperture. È proprio grazie alla tecnologia e al software proprietario che i nuovi centri raggiungono mediamente il break-even operativo in circa 10 mesi, necessari a coprire gli investimenti iniziali nella pubblicità e nell’allestimento della rete di driver.
Perchè l’Ipo di Alfonsino è un’interessante opportunità di investimento

Al contrario dei grandi player internazionali del settore delivery, Alfonsino è riuscita ad espandersi senza essere una macchina che brucia cassa e utilizza solo capitale proprio, grazie al fatto che ha già da tempo un Ebitda positivo. L’abilità del management nel gestire l’espansione territoriale e la forte componente tecnologica nel calibrare la gestione dei costi sono stati determinanti. Attualmente Alfonsino, malgrado sia presente in 10 regioni con 61 centri, ha una copertura soltanto del 22% della popolazione italiana che abita nei centri compresi tra 25000 e 250000 abitanti; quindi, i margini di crescita attraverso l’espansione territoriale sono enormi.
In termini di valutazione, con una capitalizzazione presunta di 18mln di euro pre-money (se tutte le azioni venissero collocate sul massimo della forchetta di quotazione a 1,80 euro), secondo nostre proiezioni Alfonsino dovrebbe arrivare a quotare un EV/Sales di circa 4-5 volte, una valutazione interessante per una azienda con margini di crescita importanti e già ad Ebitda positivo. L’apporto dei capitali raccolti nell’IPO (che può arrivare ad un massimo di 4,5 mln di Euro) può dare una svolta decisiva alla crescita. Ipotizzando che questi vengano interamente impiegati per lo sviluppo del business e l’espansione sul territorio nazionale, ci potremmo aspettare 2-3 anni di crescita importante, con un fatturato prospettico di 12 mln già entro fine 2024, che rappresenterebbe un CAGR del 38% annuo.
Queste proiezioni sono state ottenute applicando un moltiplicatore di crescita attorno al 40% YOY, simile a quello ottenuto in passato. Se quindi dovesse rimanere invariato il business model attuale, tale per cui le nuove aree operative cominciano a generare cassa dopo circa 10 mesi dall’apertura, l’Ebitda margin per il 2024 potrebbe attestarsi attorno al 12-13%.
Insomma, le premesse per la crescita ci sono tutte ed il segmento del Delivery è lontanissimo dall’essere vicino alla saturazione, soprattutto per un’azienda come Alfonsino che a fine 2021 coprono “soltanto” il 22% della popolazione che abita nel suo segmento operativo, cioè lo ricordiamo i comuni tra 25000-250000 abitanti. Quindi se i prezzi di mercato, dopo l’IPO, si attestassero attorno al livello massimo di collocamento, le azioni Alfonsino presenterebbero ancora uno sconto importante rispetto ai maggiori player del settore e la società sarebbe anche in grado di attrarre ulteriori investimenti dai fondi specializzati in Small Caps.
Note
Questo approfondimento non costituisce una valutazione ufficiale e come tale va considerata. Ritorneremo sul tema per portarvi nuovi aggiornamenti non appena l’iter di quotazione sarà terminato e avremo a disposizione dati ufficiali.